Il Duomo di Modena e il respiro di Dio
Un piede nei raggi della bici, leoni, topi di fogna e un presepe blasfemo. Come il monumento della propria citta' puo' diventare familiare e carico di ricordi
Il Duomo di Modena per me è talmente lì dov'è e dove è sempre stato che non saprei neanche dire se è bello. Per trovarlo bello ho bisogno di farlo vedere a qualcuno di fuori Modena, ma dopo, tutte le volte, mi sembra di essere uno vagamente imbecille. Sarebbe come prendersi una morosa soltanto perché tutti dicono che è una bella ragazza. Per me il Duomo è talmente lì dov'è che io non lo vedo neanche. Però ho pensato tante volte che se un bel giorno sparisse mi verrebbe un magone tale che non riuscirei neanche a piangere.
Ho tanti ricordi vaghi che non saprei situare con precisione di mio padre che mi metteva, come tutti gli altri bambini modenesi, a cavalcioni dei leoni delle porte con mia mamma a tre metri che mi faceva i saluti con la mano sorridendo. Ma il primo ricordo netto che ho del Duomo risale a quando avevo all'incirca tre anni ed è legato a un dolore fisico. Mio padre mi aveva portato in piazza in bicicletta invece che a piedi, cosa non molto frequente, e quando siamo tornati indietro mi ha caricato sul seggiolino posto sulla ruota posteriore, e visto che io tenevo i piedi a penzoloni invece che sugli appoggiapiedi, in via Università ho infilato un piede nei raggi della ruota facendomi un gran male e mettendomi a piangere e urlare,e mio padre ha iniziato a tirarmi dei cancheri e a arrabbiarsi peggiorando la situazione perché così era il suo carattere, e quando siamo arrivati in via Della Cella mi ha messo a sedere su un muretto, mentre io continuavo a piangere, e ha detto a mia madre di venirmi a prendere, che lui andava a fare un giro per gli affari suoi.
E questo è il primo ricordo preciso che ho legato al Duomo e a Piazza Grande, ricordo che se non avessi infilato i piedi nei raggi della ruota non avrei, perché le cose quasi quotidiane sono difficilissime da ricordare, e per quel che riguarda il Duomo ho una specie di nebbia in testa. Ma mi ricordo anche di un giorno che mia madre, passando intorno al Duomo mentre facevamo delle compere in centro, quando avrò avuto dieci o undici anni, a un certo punto mi ha detto che i leoni di una porta, non ricordo esattamente quali, erano molto più belli degli altri, e mi ha spiegato il perché, cosa che mi ha lasciato piuttosto perplesso perché in quel periodo per me le parole di mia madre erano ancora la verità assoluta, ma a me piacevano molto di più i leoni di un'altra porta. Sono rimasto così perplesso che mi ricordo ancora, e mi rendo conto solo adesso che fino a un certo punto (dieci anni, forse dodici) esistevano solo i leoni, il resto del duomo era invisibile, ma da un certo punto in poi nella mia testa ha iniziato ad esistere il Duomo e i leoni sono pian piano scomparsi.
Infatti mi ricordo che all'inizio delle superiori, nei pomeriggi d'inverno in cui c'era il niente e soltanto niente, ogni tanto con due miei amici entravamo in Duomo tanto per passare il tempo e pian piano ce lo guardavamo, e mi ricordo che una volta Gianni Pecchini, uno di questi miei amici, davanti al presepio, ammirandolo stupefatto ha detto "Zio canta, se è bello", e anche se le sue parole erano in totale buona fede, per ridere gli avevamo detto "guarda che non si dicono in chiesa certe parole", allora lui, sempre in totale buona fede aveva detto "Porca madosca, c'avete ragione", e in quel momento c'è scappato così da ridere a tutti e tre che siamo dovuti fuggir via dal Duomo in fretta e furia.
Poi tante volte, fino a oggi, sono entrato e sono uscito da questo edificio, ho passeggiato qui intorno sia da solo che in compagnia, e tante volte, di notte, uscendo da queste vie il bianco del marmo mi è apparso davanti agli occhi. È sempre uno spettacolo di grande bellezza.
Di questo Duomo non ho mai voluto sapere niente di più preciso, mi è sempre bastato guardarlo ed ogni tanto entrarci. Tutte le volte che sono entrato, se era possibile, cioé se non c'erano messe, mi sono fatto il giro completo, gurdando tutto in fretta, per respirarne l'aria. Potrei imparare tante cose ma voglio soltanto guardare. Che le figure sulla facciata, che mi sono sempre piaciute, siano immagini tratte dalla Genesi, l'ho imparato quest'anno.
Sei o sette anni fa, verso la fine dell'estate, passeggiavo con una mia amica qui intorno e gira e rigira, alla fine ci siamo seduti sulle scale della porta che sta su Piazza Grande. Era piena notte. Nonostante su e giù per la piazza passasse continuamente qualcuno, a un certo punto, sentendo dei rumorini ci siamo voltati verso sinistra. C'era un topo da fogna che smangiucchiava qualcosa, forse degli scarafaggi. Mi è sempre piaciuto guardare i topi che girano di notte e mi sono sempre piaciuti i posti dove i topi passeggiano. Di colpo diventano posti pieni di vita e d'avventura, dove ci si immagina un sottosuolo pieno di cunicoli, antico come Roma. E non è neanche difficile trovare dietro le absidi dei piccioni agonizzanti che trascorrono agonizzando le loro ultime ore.
Comunque qua dentro, nonostante quest'edificio non sia dei più grandi, anche se non sono credente, ho sempre sentito il respiro di Dio.
Ho tanti ricordi vaghi che non saprei situare con precisione di mio padre che mi metteva, come tutti gli altri bambini modenesi, a cavalcioni dei leoni delle porte con mia mamma a tre metri che mi faceva i saluti con la mano sorridendo. Ma il primo ricordo netto che ho del Duomo risale a quando avevo all'incirca tre anni ed è legato a un dolore fisico. Mio padre mi aveva portato in piazza in bicicletta invece che a piedi, cosa non molto frequente, e quando siamo tornati indietro mi ha caricato sul seggiolino posto sulla ruota posteriore, e visto che io tenevo i piedi a penzoloni invece che sugli appoggiapiedi, in via Università ho infilato un piede nei raggi della ruota facendomi un gran male e mettendomi a piangere e urlare,e mio padre ha iniziato a tirarmi dei cancheri e a arrabbiarsi peggiorando la situazione perché così era il suo carattere, e quando siamo arrivati in via Della Cella mi ha messo a sedere su un muretto, mentre io continuavo a piangere, e ha detto a mia madre di venirmi a prendere, che lui andava a fare un giro per gli affari suoi.
E questo è il primo ricordo preciso che ho legato al Duomo e a Piazza Grande, ricordo che se non avessi infilato i piedi nei raggi della ruota non avrei, perché le cose quasi quotidiane sono difficilissime da ricordare, e per quel che riguarda il Duomo ho una specie di nebbia in testa. Ma mi ricordo anche di un giorno che mia madre, passando intorno al Duomo mentre facevamo delle compere in centro, quando avrò avuto dieci o undici anni, a un certo punto mi ha detto che i leoni di una porta, non ricordo esattamente quali, erano molto più belli degli altri, e mi ha spiegato il perché, cosa che mi ha lasciato piuttosto perplesso perché in quel periodo per me le parole di mia madre erano ancora la verità assoluta, ma a me piacevano molto di più i leoni di un'altra porta. Sono rimasto così perplesso che mi ricordo ancora, e mi rendo conto solo adesso che fino a un certo punto (dieci anni, forse dodici) esistevano solo i leoni, il resto del duomo era invisibile, ma da un certo punto in poi nella mia testa ha iniziato ad esistere il Duomo e i leoni sono pian piano scomparsi.
Infatti mi ricordo che all'inizio delle superiori, nei pomeriggi d'inverno in cui c'era il niente e soltanto niente, ogni tanto con due miei amici entravamo in Duomo tanto per passare il tempo e pian piano ce lo guardavamo, e mi ricordo che una volta Gianni Pecchini, uno di questi miei amici, davanti al presepio, ammirandolo stupefatto ha detto "Zio canta, se è bello", e anche se le sue parole erano in totale buona fede, per ridere gli avevamo detto "guarda che non si dicono in chiesa certe parole", allora lui, sempre in totale buona fede aveva detto "Porca madosca, c'avete ragione", e in quel momento c'è scappato così da ridere a tutti e tre che siamo dovuti fuggir via dal Duomo in fretta e furia.
Poi tante volte, fino a oggi, sono entrato e sono uscito da questo edificio, ho passeggiato qui intorno sia da solo che in compagnia, e tante volte, di notte, uscendo da queste vie il bianco del marmo mi è apparso davanti agli occhi. È sempre uno spettacolo di grande bellezza.
Di questo Duomo non ho mai voluto sapere niente di più preciso, mi è sempre bastato guardarlo ed ogni tanto entrarci. Tutte le volte che sono entrato, se era possibile, cioé se non c'erano messe, mi sono fatto il giro completo, gurdando tutto in fretta, per respirarne l'aria. Potrei imparare tante cose ma voglio soltanto guardare. Che le figure sulla facciata, che mi sono sempre piaciute, siano immagini tratte dalla Genesi, l'ho imparato quest'anno.
Sei o sette anni fa, verso la fine dell'estate, passeggiavo con una mia amica qui intorno e gira e rigira, alla fine ci siamo seduti sulle scale della porta che sta su Piazza Grande. Era piena notte. Nonostante su e giù per la piazza passasse continuamente qualcuno, a un certo punto, sentendo dei rumorini ci siamo voltati verso sinistra. C'era un topo da fogna che smangiucchiava qualcosa, forse degli scarafaggi. Mi è sempre piaciuto guardare i topi che girano di notte e mi sono sempre piaciuti i posti dove i topi passeggiano. Di colpo diventano posti pieni di vita e d'avventura, dove ci si immagina un sottosuolo pieno di cunicoli, antico come Roma. E non è neanche difficile trovare dietro le absidi dei piccioni agonizzanti che trascorrono agonizzando le loro ultime ore.
Comunque qua dentro, nonostante quest'edificio non sia dei più grandi, anche se non sono credente, ho sempre sentito il respiro di Dio.