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'Ncoppa o' Vesuvio

creato da Giovanni Sonego ultima modifica 20/06/2008 15:10

Jammo, jammo, 'ncoppa jammo ja...Tutto il mondo conosce la celeberrima canzone napoletana "Funiculi' Funicula'". Ma forse non tutti sanno che

‘Ncoppa o’ VesuvioAlla celeberrima "Funiculì, Funiculà" si agganciano ben due primati italiani: la prima funicolare costruita al mondo (1879) e il primo… jingle pubblicitario (1880). Proprio così, appena nata la funicolare del Vesuvio fu subito bersagliata da una campagna denigratoria da parte di chi, fino a quel momento, aveva campato portando i turisti ‘ncoppa al Vesuvio a piedi o a dorso d’asino. Il gruppo di imprenditori che l’aveva realizzata, vedendo minati i propri affari, affidò al maestro Denza il compito di realizzare un motivetto che ne fugasse ogni timore. Il successo della canzone fu immediato e duraturo tanto che dopo 120 anni continua a essere cantata in tutto il mondo. Talvolta a sproposito come accadde una trentina di anni fa con l’allora presidente della Repubblica, Giovanni Leone, che in visita a Tblisi pretese che si suonasse Funiculì funiculà. in luogo dell’inno nazionale lasciandosi andare in una imbarazzante esibizione come direttore d’orchestra. I tempi sono cambiati e oggi giorni Renzo Arbore, in tournée in Giappone con la sua "Orchestra Italiana", è riuscito, suonandola, a far scalmanare perfino i giapponesi.

Per chi non lo sapesse è dal 1944 che la Funicolare non c’è più, smantellata dopo i danni dell’ultima eruzione del Vesuvio. Un progetto di ristrutturazione giace da 12 anni nei cassetti della Regione Campania. Nel corso degli anni sono inoltre state smantellate anche la ferrovia e la seggiovia ed è stato istituito il Parco Nazionale del Vesuvio. La zona è protetta e oggi si arriva in cima al Vesuvio solo a piedi. Forse è meglio così.

Ci sono vari modi per poter scoprire il VesuvioCi sono vari modi per poter scoprire il Vesuvio. Quello più turistico e più semplice consiste nel prendere l’automobile, seguire la strada asfaltata che fiancheggia la colata lavica del ’44 e arrivare al parcheggio in quota. Purtroppo in stagione turistica ci sono code lunghissime, conviene salire verso sera (l’accesso al cratere chiude alle 18.00). Lì si posteggia e si prosegue a piedi per una ventina di minuti sino all’orlo del cratere. Per vederlo, però, bisogna pagare il biglietto che dà diritto di avvicinarsi fino al limite di questa impressionante voragine. Il cratere ha un diametro di circa 500 metri ed una profondità di circa 160. Le pareti sono verticali e non si può scendere. Il vulcano, sebbene quiescente, è ancora vivo e in movimento. Lo si capisce non tanto dalle fumarole visibili qua e là, che spandono nell’aria un puzzolente odore di zolfo, quanto dalla quantità di detriti che si ammassano sul fondo del cratere. Di tanto in tanto si sentono precipitare pezzi di parete rocciosa che rovinano sul fondo, facendo rimbombare il rumore della caduta.

Un’alternativa è quella di contattare una delle cooperative locali che organizzano escursioni a piedi nel parco nazionale: la salita al cratere dal versante orientale, una passeggiata sui lapilli nella Valle dell’Inferno; la strada Matrone da Boscotrecase. Noi abbiamo contattato la cooperativa Ossidiana (+39-081-3177116) che organizza percorsi con accompagnatore.

Infine, soprattutto per ragioni di studio, è possibile contattare la Forestale di Caserta (+39-0823-361712) per ottenere permessi per gruppi o la Stazione Guardie Forestali di Trecase (+39-081-5372391) per farsi rilasciare il permesso per due persone per accedere alla zona "bassa" della riserva.

Chi invece vuole raggiungere il punto da cui partiva la funicolare, deve seguire la provinciale che sale al Vesuvio. Dopo aver superato la deviazione che porta all’osservatorio vesuviano si raggiunge un altro bivio dove si deve girare a destra. La strada termina proprio dove si trovava la stazione di partenza della funicolare più cantata del mondo. Si può vedere il percorso lungo il fianco del cono vulcanico, fino alla vetta. Il luogo è un po’ degradato, con i lavori di ristrutturazione abbandonati, ma un certo romanticismo dev’essere rimasto. Almeno a giudicare dai fazzolettini sparsi per terra.


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